Il committente è responsabile per la scelta negligente dell’impresa esecutrice dei lavori.

Con la sentenza n. 44625 depositata lo scorso 7 novembre, la Cassazione, Sezione IV penale, ha affermato che la scelta negligente dell’impresa esecutrice si trasforma per il committente in ingerenza nei lavori, con la conseguente responsabilità penale per l’assunzione della posizione di garanzia.

 

Agli imputati A.A. e B.B. era contestato il reato di omicidio colposo (art. 589 c.p.) per avere - nelle loro rispettive qualità di committente e datore di lavoro - cagionato il decesso di C.C.; in particolare, secondo il capo di imputazione, il B.B. si era fatto coadiuvare dal C.C. nella verniciatura della ringhiera di un balcone, sito nell’appartamento di proprietà del committente, per la quale era stata utilizzata una scala fornita da A.A. e dalla quale il C.C. era caduto da un’altezza di circa tre metri, decedendo a causa delle lesioni riportate.

 

Veniva quindi contestato al A.A. di avere fornito una scala non idonea al tipo di lavorazione e al B.B. di non avere informato il lavoratore dei rischi connessi all’attività, in riferimento alla disposizione di cui all’art. 86 D.Lgs. n. 81/2008, non fornendogli inoltre una formazione adeguata ai sensi dell’art. 37 dello stesso D.Lgs.

 

Nel corso del processo, in effetti, si accertava, sulla base delle dichiarazioni dei testi escussi e dei documenti acquisiti, che il giorno dell’infortunio, il C.C. era intento all’esecuzione di lavori di verniciatura presso l’abitazione del A.A., che si era rivolto per tali opere al B.B., datore di lavoro dello stesso C.C.; tale lavorazione, da eseguirsi in parte all’interno del balcone e in parte all’esterno, riguardava una ringhiera collocata a un’altezza di poco superiore ai quattro metri rispetto al piano di calpestio, con utilizzo di una scala telescopica omologata dalla quale il C.C. era caduto riportando lesioni al cranio che ne avevano cagionato il decesso.

 

Ne conseguiva, nei gradi di merito, la condanna sia di B.B., considerato “datore di lavoro” per l’effettivo e concreto esercizio delle facoltà relative a tale posizione, con conseguente dovere di identificare i rischi connessi alla lavorazione e di adottare le idonee cautele al fine di scongiurare il rischio di infortuni; sia di A.A., quale committente delle opere, posto che la sua assenza dal luogo di lavoro non era tale da escluderne la responsabilità, ma doveva anzi essere letta in senso contrario, dato il suo obbligo – di cui all’art. 15 D.Lgs. n. 81/2008 - di pianificare le varie fasi di lavoro e in relazione ai principi in tema di adozione delle misure generali di tutela, con l’obbligo di procedere alla valutazione dei rischi e alla programmazione della prevenzione. Inoltre, si evidenziava che il A.A. aveva fornito all’appaltatore gli strumenti di lavoro, con specifico riferimento alla scala, da ritenere non conformi rispetto alla tipologia di opere commissionate.

 

Alla Cassazione giungeva così il ricorso di A.A. che dava modo alla Corte di riprendere i temi principali della figura del “committente”, definito dall’art. 89 D.Lgs. n. 81/2008 come “il soggetto per conto del quale l’intera opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della sua realizzazione”.

 

In particolare, se ne è evidenziata l’evoluzione, nella normativa e nella giurisprudenza, da soggetto privo di autonoma responsabilità a soggetto che riveste responsabilità proprie (oggi descritte nell’art. 90 D.Lgs. n. 81/2008). Peraltro, il principio generale, secondo cui il dovere di sicurezza gravante sul datore di lavoro opera anche in relazione al committente, deve essere precisato nel senso che dal committente non può esigersi un controllo pressante, continuo e capillare sull’organizzazione e sull’andamento dei lavori. Ne consegue che, ai fini della configurazione della responsabilità di tale figura, occorre verificare in concreto quale sia stata l’incidenza della sua condotta nella causazione dell’evento, ponendo attenzione alle capacità organizzative della ditta scelta per l’esecuzione dei lavori, alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti per la scelta dell’appaltatore o del prestatore d’opera, alla sua ingerenza nell’esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d’opera, nonché all’agevole ed immediata percepibilità, da parte dello stesso committente, di situazioni di pericolo. Si è anche precisato che sussiste la responsabilità di quel committente che, pur non ingerendosi nella esecuzione dei lavori, abbia omesso di verificare l’idoneità tecnico-professionale dell’impresa e dei lavoratori autonomi prescelti, in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati, poiché l’obbligo di verifica di cui all’art. 90 lett. a) D.Lgs. n. 81/2008, non può risolversi nel solo controllo dell’iscrizione dell’appaltatore nel registro delle imprese, perché adempimento di mero carattere amministrativo.

 

Il presupposto per il perfezionamento dei suddetti obblighi in capo al committente è da individuarsi nella conclusione di un contratto di appalto - di lavori o di servizi - regolato dalle disposizioni generali contenute negli artt. 1655 cod. civ.

Tanto premesso, nell’ipotesi di conferimento di appalto “domestico”, non può, in generale, ritenersi che il committente non professionale sia tenuto a conoscere le singole disposizioni tecniche previste dalla normativa prevenzionale per evitare il verificarsi di infortuni, perché altrimenti ne deriverebbe una paralisi dei lavori di manutenzione domestica. Così argomentando, si richiederebbe una formazione del cittadino comune che l’ordinamento pretende solo nei confronti del datore di lavoro e dei soggetti dal medesimo designati o, comunque, dei soggetti professionalmente deputati ad assicurare la sicurezza delle lavorazioni.

Quanto la legge pone a carico del committente privato per lavori di tipo domestico, al contrario, è l’obbligo di scegliere adeguatamente l’impresa, verificare che la medesima sia regolarmente iscritta alla C.C.I.A., sia dotata del documento di valutazione dei rischi e che non sia soggetta a provvedimenti di sospensione od interdittivi ai sensi dell’art. 14 D.Lgs. n. 81/2008.

Allorquando l’azienda sia scelta secondo tali criteri, di natura oggettiva, non può ritenersi la negligenza del committente non professionale, in tal modo esonerato da ulteriori controlli ed ingerenze nei lavori.

Se invece la scelta dell’impresa non avviene con questi criteri, il committente assume su di sé gli oneri del garante della sicurezza, posto che l’assenza del conferimento dell’incarico per lo svolgimento delle opere ad un soggetto “adeguato” non può riversarsi sulla sicurezza dei lavoratori che debbono comunque essere garantiti.

Dunque, la scelta negligente dell’impresa esecutrice si trasforma, in sostanza, nell’ingerenza nei lavori, posto che può determinarne lo svolgimento in condizioni di “insicurezza”, con la conseguenza dell’assunzione diretta di responsabilità per posizione di garanzia da parte del committente.

Nel caso di specie, la Cassazione ha confermato, secondo i detti principi, la responsabilità penale per omicidio colposo del committente A.A., per avere integralmente assunto su di sé l’onere di adeguata conformazione dell’ambiente di lavoro, non avendo adempiuto agli specifici obblighi sopra elencati in punto di adeguata scelta e valutazione del soggetto appaltatore; inoltre, per non avere correttamente adempiuto a tutti gli obblighi derivanti dall’art. 15 D.Lgs. n. 81/2008 (applicabili al committente in virtù del rinvio compiuto nell’art. 90), con specifico riferimento a quello riguardante l’eliminazione dei rischi, avendo lo stesso fornito attrezzatture, in particolare la scala utilizzata nell’esecuzione dei lavori, non idonee rispetto alle esigenze di sicurezza derivanti dalla lavorazione medesima.