La responsabilità del lavoratore per la caduta del lavoratore a causa della mancanza del parapetto.

La condotta del lavoratore può ritenersi “abnorme” e, quindi, idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, non tanto ove essa sia imprevedibile, quanto ove sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia.

Il principio di diritto è stato ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 46481, depositata lo scorso 22 novembre, in cui si è confermata la responsabilità penale del datore di lavoro per l’infortunio patito da un lavoratore precipitato da un'apertura nel pianerottolo delle scale privo di parapetto.

L’infortunio era stato ricostruito nei gradi di merito come di seguito.

 

Nel corso dei lavori di pulizia di un immobile di proprietà del comune di Taranto, consistenti nella selezione e successivo trasporto di materiali diversi, disseminati nelle varie stanze, il lavoratore B.B. era salito, unitamente ad altri colleghi, al primo piano dell'edificio per rendersi conto della tipologia dell'attività da espletarsi e, nel ridiscendere le scale fisse, aveva perso l'equilibrio ed era caduto attraverso un'ampia apertura esistente nel pianerottolo totalmente sprovvisto di parapetto, precipitando da un'altezza di circa due metri sul piano di campagna sottostante.

 

A causa della caduta il lavoratore aveva riportato lesioni personali gravi, consistite in politrauma con fratture costali multiple, con una incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un periodo pari a 129 giorni.


Al datore di lavoro venivano addebitati, quali profili di colpa, l'imprudenza, la negligenza e l'imperizia (colpa generica) e, a titolo di colpa specifica, la violazione

 

·         dell’art. 64 comma 1 lett. a) (in relazione all'allegato IV) del D.Lgs. n. 81/2008, per avere omesso di adottare misure idonee a non esporre i lavoratori dipendenti al rischio di caduta nelle zone non protette come le scale fisse che conducevano ai piani superiori e ai pianerottoli, completamente privi, sui lati aperti, di parapetto normale, di ringhiera o di altra difesa equivalente;

 

·         dell’art. 18 comma 1 lett. g) del D.Lgs. n. 81/2008, per avere omesso di inviare il lavoratore B.B. alla visita medica entro le scadenze previste dal programma di sorveglianza sanitaria;

 

·         dell’art. 37 del D.Lgs. n. 81/2008 per avere omesso di assicurare allo stesso una formazione adeguata e sufficiente in materia di salute e di sicurezza.

 

La Corte ha confermato la responsabilità del datore di lavoro, respingendo il ricorso con cui si era inteso attribuire al lavoratore la responsabilità dell’infortunio, a causa del suo comportamento imprudente e contrario alle direttive di non operare nel luogo ove era avvenuto l’evento lesivo.

 

In particolare, la Corte ha confermato che il comportamento del lavoratore non poteva ritenersi “abnorme” così da escludere il nesso di causalità fra la condotta del datore di lavoro e l'evento.

 

Infatti, in tema di infortuni sul lavoro, il principio informatore della materia è nel senso che non può esservi alcun esonero di responsabilità all'interno dell'area di rischio nella quale si colloca l'obbligo datoriale di assicurare condizioni di sicurezza appropriate anche in rapporto a possibili comportamenti negligenti del lavoratore

 

All'interno dell'area di rischio considerata, quindi, deve ribadirsi il principio per il quale la condotta del lavoratore può ritenersi “abnorme” e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, non tanto ove sia imprevedibile, quanto, piuttosto, ove sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia; oppure, ove sia stata posta in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli e, come tale, al di fuori di ogni prevedibilità da parte del datore di lavoro; oppure ancora vi rientri, ma si sia tradotta in qualcosa che, radicalmente quanto ontologicamente, sia lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, scelte imprudenti del lavoratore nella esecuzione del lavoro.

 

In ogni caso, perché possa ritenersi che il comportamento negligente, imprudente e imperito del lavoratore, pur tenuto in esplicazione delle mansioni allo stesso affidate, costituisca concretizzazione di un "rischio eccentrico", con esclusione della responsabilità del datore di lavoro garante della sicurezza, è necessario che questi abbia posto in essere anche le cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio del comportamento imprudente.

 

Così delimitata la nozione di “atto abnorme” del lavoratore, per la Corte appare evidente come, nel caso in esame, detta categoria non potesse essere in alcun modo essere invocata. Nel caso in esame, infatti, si era accertato che la persona offesa, portata sul luogo di lavoro con altri dipendenti, si era recata nel palazzo ove si era verificata la caduta, proprio per lavorare, ovvero per iniziare a programmare l'attività di smaltimento demandatale: quel che è certo - hanno rilevato i giudici - è che B.B. non era entrato nei locali comunali per scopi personali estranei alla attività lavorativa e che, nel momento in cui si era apprestato allo svolgimento della sua attività lavorativa, il preposto non aveva fatto nulla per fermarlo.

 

D’altro canto, doveva invece escludersi la responsabilità del Comune quale soggetto committente, perché la stessa, anche qualora fosse stata sussistente, non sarebbe valsa ad escludere quella del datore di lavoro, posto che nel caso di specie erano presenti, semmai, più figure di garanzia e più soggetti obbligati. L'imputato avrebbe dovuto, infatti adeguare e, se del caso (anche ammesso che vi fossero obblighi in capo al committente), far adeguare il sito prima di disporre che i suoi dipendenti vi prestassero l'attività lavorativa.