La sottrazione anche di un solo estintore integra il reato di cui all’art. 437 cod. pen.

Con la sentenza n. 36908/2023 depositata il 7 settembre scorso, la Cassazione penale ha definito la portata dell’art. 437 cod. pen. ove si prevede il reato di "rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro", contestato all’imputato per avere egli rimosso un apparecchio destinato alla prevenzione di disastri o infortuni sul lavoro e, segnatamente, un estintore collocato in un’area di servizio per la distribuzione di carburanti Eni. 

Nei gradi di merito, a sostegno della responsabilità dell’imputato, si era ritenuta l’ininfluenza della circostanza che fosse stato rimosso un solo estintore, valorizzandone l'innegabile natura di presidio alla prevenzione degli incendi, indispensabile alla sicurezza sul luogo di lavoro; osservandosi, inoltre, che la mancanza anche di un solo estintore ha l'attitudine, almeno in via astratta, a pregiudicare l'integrità fisica dei lavoratori gravitanti attorno all'attività imprenditoriale e all'ambiente di lavoro, rendendo più difficile la tutela dai pericoli d'incendi e più facile la loro estensione. 

È bene ricordare che l’art. 437 cod. pen. sanziona, con la reclusione da sei mesi a cinque anni, la condotta di chi (comma 1) "omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, ovvero li rimuove o li danneggia" e, al comma 2, prevede che "se dal fatto deriva un disastro o un infortunio, la pena è della reclusione da tre a dieci anni". 

Il reato è ricompreso tra quelli di pericolo per la pubblica incolumità e, nella sua forma commissiva (rimozione o danneggiamento degli impianti, apparecchi ovvero segnali), è un reato comune, vale a dire che può essere commesso da “chiunque”, anche da chi è privo di una particolare qualifica. 

La giurisprudenza della Cassazione, chiamata a individuare le condizioni per le quali è possibile configurare il detto reato, ha in passato avuto modo di affermare che “ai fini della configurabilità dell'ipotesi delittuosa descritta dall'art. 437 cod. pen., è necessario che l'omissione, la rimozione o il danneggiamento dolosi degli impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire infortuni sul lavoro si inserisca in un contesto imprenditoriale nel quale la mancanza o l'inefficienza di quei presidi antinfortunistici abbia l'attitudine, almeno in via astratta, a pregiudicare l'integrità fisica di una collettività di lavoratori, o, comunque, di un numero di persone gravitanti attorno all'ambiente di lavoro sufficiente a realizzare la condizione di una indeterminata estensione del pericolo" (Cass. pen. n. 24945/2023). 

Occorre comunque dare conto anche di un diverso orientamento giurisprudenziale, peraltro minoritario, in base al quale viene attribuita penale rilevanza anche alle condotte che, attraverso la violazione della normativa prevenzionale, abbiano messo a repentaglio l'incolumità di un singolo lavoratore (Cass. pen. n. 57673/2017). 

Con la sentenza in commento la Corte aderisce al primo orientamento, in ragione della dichiarata finalità cautelare e della collocazione sistematica dell’art. 437 c.p., la cui interpretazione dev'essere parametrata all'astratta attitudine della condotta illecita a provocare l'esposizione a pericolo della pubblica incolumità e ad amplificare, per tale via, il rischio, non più circoscritto a uno o più soggetti e diretto nei confronti di un’intera (ancorché, se del caso, numericamente contenuta) comunità di lavoratori o, comunque, di un numero di persone gravitanti attorno all'ambiente di lavoro sufficiente a realizzare la condizione di una indeterminata estensione del pericolo.  

Ne consegue che il reato non è configurabile laddove l'impianto o l'apparecchiatura, difettante delle cautele destinate a prevenire infortuni sul lavoro, non sia destinato all'utilizzazione contemporanea da parte di una pluralità di lavoratori o non sia idonea a sprigionare una forza dirompente in grado di coinvolgere numerose persone". 

L'indagine dev'essere, dunque, svolta sul piano della potenziale offensività del comportamento irrispettoso della normativa prevenzionale, in chiave, essenzialmente, di sua attitudine ad attingere tutti coloro che, a diverso titolo, vengano a contatto con quell'ambiente lavorativo, piuttosto che su quello dell'individuazione della platea dei soggetti materialmente coinvolti. 

La responsabilità del ricorrente è stata, quindi, confermata perché l'asportazione dal distributore di carburante anche di un solo estintore, sicuro presidio indispensabile alla sicurezza del luogo sotto il profilo della prevenzione d'incendi, era senz'altro idoneo - quanto meno in via astratta - a pregiudicare l'integrità fisica dei lavoratori e di tutte le persone gravitanti attorno a quell'area o che vi avevano accesso, trattandosi di un luogo caratterizzato dal elevatissima concentrazione di sostanze infiammabili.